Sono oltre 250mila in Italia le coppie considerate infertili e, in circa la metà dei casi, è il maschio a esserne “ responsabile”. Tuttavia le cause maschili di infertilità sono troppo spesso trascurate: 1 coppia su 4 tra quelle che ricorrono alla procreazione medicalmente assistita (PMA) ‘salta’ il controllo dall’andrologo e a queste si aggiunge il 25% delle coppie che non si rivolgono ai centri per la fertilità. Così oltre 60mila coppie ‘dimenticano’diagnosi e cura del maschio, interventi meno complessi e costosi, come ad esempio l’analisi del liquido seminale, che potrebbero consentire una gravidanza naturale o favorire il successo di una eventuale PMA. E’ quanto emerge dal confronto degli esperti in occasione del 41° Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia (SIA), a Milano Marittima fino al 27 maggio.
1 coppia infertile su 4 “salta” il controllo dall’andrologo: fertilità ‘artificiale’ spesso scorciatoia
Sono in continuo aumento le coppie che ogni anno si rivolgono ai 369 Centri di medicina della riproduzione autorizzati in Italia alla terapia dell’infertilità, oltre 70mila solo nel 2014 secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità: di queste ben 18mila trascurano il controllo dall’andrologo come altre 45mila coppie che non fanno ricorso alla PMA. L'appello degli esperti: "Occorre una maggior sinergia fra ginecologi e andrologi anche nella gestione della coppia candidata ad avviarsi a PMA, che deve rappresentare "l'ultima spiaggia” di approdo: una corretta diagnosi e terapia delle cause d’infertilità maschili, ridurrebbe il numero di cicli, i costi e, soprattutto, gli insuccessi della PMA, oltrechè motivare la coppia a ritentare dopo eventuali fallimenti".
Secondo i più recenti studi, "pretrattare" (“allenare”) il gamete - per esempio attraverso terapie di preparazione alla PMA con l’uso di ormone follicolo-stimolante (FSH) o di molecole antiossidanti - potrebbe evitare la PMA in almeno 8mila coppie ogni anno, con un risparmio di oltre 150 milioni di euro, o migliorarne gli esiti fino al 50% dei casi.
Milano Marittima, giovedì 25 maggio 2017 – Il maschio è il ‘grande assente’ quando la coppia cerca un bimbo che non arriva. Lo segnalano gli esperti della Società Italiana di Andrologia (SIA) nel corso del loro Congresso Nazionale, nell’ambito della sessione dedicata alla fertilità. "L’infertilità maschile ha subito negli ultimi anni una forte impennata e il fattore maschile è esattamente sovrapponibile a quello femminile. Ciò nonostante, mentre si moltiplicano i programmi di prevenzione per la donna e, a volte, ci si accanisce nell’individuazione e trattamento delle cause femminili, spesso si tralascia o si trascura del tutto l’altra metà della coppia - commenta Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore dell’Università Federico II di Napoli – “Dal confronto a livello nazionale delle nostre esperienze emerge che il 25% delle coppie infertili "salta" diagnosi e cure dell’infertilità maschile, che consentirebbero di evitare almeno 8mila PMA l’anno con un risparmio di oltre 150 milioni di euro e, nei casi in cui la procedura resti indispensabile, migliorarne fino al 50% la probabilità di successo, visto che una su due è tuttora destinata a fallire. Inoltre le procedure sono spesso ‘pesanti’, dato che l’80% delle coppie viene sottoposto a terapie di secondo e terzo livello, come ad esempio la FIVET " continua Palmieri
“Il nostro obiettivo deve essere innanzitutto una ‘procreazione naturalmente assistita’, con un percorso che non inizi "dal fondo" con la PMA, ma veda ginecologo e andrologo collaborare in tandem, partendo dalla diagnosi delle problematiche che impediscono la gravidanza, e cercando in prima battuta di risolvere queste per arrivare a un concepimento naturale – sottolinea Palmieri –. La PMA deve rappresentare "l'ultima spiaggia" di approdo e non essere vissuta come una "scorciatoia". Peraltro, esiste anche una normativa, del tutto disattesa, per cui si potrebbe accedere alla PMA solo con la certificazione che il maschio non può essere curato: nella realtà invece accade esattamente il contrario e si arriva a valutare il maschio prima e non dopo il ricorso alla PMA. Anche i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, varati a gennaio scorso, per la prima volta danno ampio spazio alla salute riproduttiva tanto dell'uomo che della donna, sottolineando l’importanza della consulenza preconcezionale in entrambi i partner e della prevenzione attraverso corretti stili di vita che preservino la fertilità. È la prima volta che la salute sessuale maschile occupa un ruolo di tale rilevanza nei LEA, anche se per ora si tratta solo di linee programmatiche. Una novità purtroppo giustificata dai numeri: negli ultimi 30 anni, l’infertilità maschile è raddoppiata e oggi si stimano 2 milioni di italiani ipo-fertili e oltre 250mila coppie ritenute infertili. Alcol, fumo, obesità, sedentarietà, alimentazione scorretta, abitudini sbagliate come l’utilizzo di indumenti intimi stretti, infezioni trascurate, ma anche la diagnosi tardiva di patologie come il varicocele, sono tutti fattori che stanno compromettendo la fertilità maschile. Inoltre, occorre ricordare che anche l'uomo ha il suo orologio biologico, e la sua capacità riproduttiva dopo i 40 anni diminuisce con il passare del tempo e, anche se la fertilità maschile è più longeva di quella femminile, ritardare oltremodo la paternità può compromettere non poco le possibilità di avere un figlio.
"Mettere in campo le corrette pratiche di prevenzione, diagnosi e terapia significherebbe intercettare i problemi di queste coppie almeno dieci anni prima. L’esame seminale per esempio è uno dei primi passi da compiere, in sinergia col ginecologo che conduca analoghi test diagnostici nella partner: l’analisi degli spermatozoi è infatti in grado di dirimere da subito il 50% delle cause di infertilità di coppia e indirizzare quindi i futuri approfondimenti diagnostici e/o terapeutici per aumentare la percentuale di gravidanze spontanee e ridurre il ricorso a tecniche di PMA complesse, dando attuazione al concetto di gradualità delle cure e determinando una cospicua riduzione dei costi assistenziali – afferma Bruno Giammusso, presidente Commissione scientifica SIA –. Inoltre, bonificare il quadro seminale tenendo conto non solo del numero, della motilità e della concentrazione degli spermatozoi, ma anche di parametri funzionali non convenzionali, come la frammentazione del DNA, significa migliorare la capacità dello spermatozoo di fertilizzare l’ovocita e la qualità dell’embrione che nasce, e in ultima analisi incrementare le probabilità di successo della PMA. Trattare il partner maschile può dunque evitare procedure inutili o quantomeno consentire il ricorso a procedure assistite a più basso grado di tecnologia, migliorando fino al 50% la probabilità di successo. La frammentazione del DNA è spesso causata da radicali ossidativi presenti nel liquido seminale, conseguenza a loro volta di infezioni croniche non curate, di contaminanti ambientali o di varicocele, ed è correlata alla infertilità in modo direttamente proporzionale. Il suo trattamento con ormone follicolo-stimolante (FSH), per esempio, secondo i più recenti studi migliora la qualità degli spermatozoi e ciò si traduce in un maggior tasso di successi della PMA”.
L’obiettivo è favorire la fertilità non solo per venire incontro al desiderio di genitorialità delle coppie, ma anche per i risvolti sociali della bassa natalità, come osserva ancora Palmieri: “L’Italia sta vivendo da oltre 40 anni una fase di decisa denatalità e, secondo i più recenti dati ISTAT, i nuovi nati in Italia sono scesi a 470mila: 100mila nati in meno solo nell’ultimo decennio. Ciò pone una seria ipoteca sul nostro futuro e sulla sostenibilità del welfare nei prossimi anni: per questo, la prevenzione dell’infertilità è una priorità assoluta: tutto ciò sarà possibile se i Centri per la fertilità, come previsto dall’art.24 dei nuovi LEA, diventeranno realmente strutture dedicate in primis alla prevenzione e alla tutela della fertilità anche maschile, in cui collaborino ginecologo, andrologo, biologo ma anche psicologo e nutrizionista, visto l’impatto di alimentazione e stile di vita sulla fertilità. Lo scopo è arrivare finalmente a un’assistenza all’infertilità che consenta alle coppie di avere un figlio senza imbarcarsi, laddove non necessario, in procedure complesse, costose e stressanti”, conclude Palmieri.
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